Stupore, meraviglia, frattali, naturalia, artificialia, autosomiglianza, criptomnesia, templum, conoscenza e tante altre. Se siete pronti a comprendere il significato più profondo di queste parole, siete pronti per entrare nei Micromondi di Simona Cozzupoli.
Appena ci incontriamo (nel mondo reale), nella splendida cornice del Colibrì, a Milano, mi individua immediatamente e a me sembra di conoscerla da sempre. Una persona con cui mi sento completamente a mio agio e che ha una spontaneità speciale.
Una cultura immensa, quella di una quarantenne, insegnante di lettere, appassionata di storia dell’arte, custodita nel corpo delicato di una bambina.
Riservata, graziosa, elegante, pacata, paziente e allo stesso tempo determinata, decisa, con un forte senso di giustizia, altamente perfezionista anche nel turbinio della sua creatività.
Simona osserva attenta ogni dettaglio e quando capisce che chi la sente ha voglia di ascoltare, si racconta come un fiume in piena. Come quando si dedica corpo e anima alle sue opere ed “entra nel flusso e nella meraviglia lasciandosi andare”.
Simona è una creativa nata. Sin da piccola si è appassionata del bello e ha coltivato il sogno di diventare una ballerina. Si era forse innamorata dell’“idea” della donna danzante. In fondo quel sogno si realizza ogni giorno quando, attraverso le sue opere, la sua mente e la sua anima possono fluttuare libere in meravigliosi Micromondi.
Per Simona l’ispirazione nasce dai mercatini dell’usato, dalle tante passeggiate che ama fare nei centri storici in cui ricerca “stimoli visivi”. De Chirico con i suoi "spiazzanti" ambienti metafisici e con i suoi enigmi contribuisce alle nature morte contemplative di questa artista. Così Cornell con le sue shadow boxes surreali la contamina. Simona raccoglie elementi e per "caso", a volte, ritrova le sue opere in quelle famose scatole con vetro dell'artista americano. I lavori di Simona Cozzupoli sono vari. Ci sono le tante scatole realizzate con vecchi contenitori di domino, shangai e puzzle. Tolti i contenuti ed applicata una parete vetrata, Simona le riempie di vari oggetti. Ci sono pesci, ritagliati con dovizia da libri, che nuotando nel celeste delicato danno vita a grandi acquari. Ci sono farfalle di carta che diventano collezioni.
Ci sono bambole, quelle delle nostre nonne che erano souvenir dei vari viaggi, le quali spogliate e riadattate diventano protagoniste indiscutibili. Ci sono re, regine, carte da gioco.
Nascono così le wunderkammer ossia le camere delle meraviglie in cui gli elementi creano micromondi fatti di naturalia (elementi che si trovano in natura) e di artificialia (oggetti creati dall’uomo).
Ci sono origami, gomma piuma che diventa nuvola, ci sono frattali ossia le forme geometriche che ci regala spontaneamente la natura.
Simona mi invita ad osservare che spezzando un ramo da un albero si ottiene un piccolo albero. Immagino le foglie di felce. Se guardo un angolo di cielo sto guardando in fondo tutto l’universo. Osserviamo così insieme le corrispondenze tra i micromondi e i macromondi.
La legge dell’autosomiglianza si impone.
“In un particolare si trova il tutto”.
Nelle sue opere c’è l’azzurro intenso dei suoi templum. Questi ultimi me li ha raccontati suscitando la mia meraviglia. E la meraviglia è accesso alla conoscenza, mi spiega.
La contemplazione (dal latino cum-templum) permette di “stare” con il tempo. I sacerdoti nei tempi passati individuavano una porzione circolare di cielo per osservare il volo degli uccelli e coglierne gli auspici. Così i suoi templa riproducono angoli di universo da custodire. Questi aiutano a trovare equilibri e la propria serenità. Io li vedo così.
Simona dà spazio anche a Santi e Madonne perché è sempre stata affascinata dal Sacro, dal significato profondo racchiuso in ogni immagine.
Ci sono poi i rebus oggettuali e tridimensionali (alcuni con soluzione solo visiva) che incuriosiscono e creano mistero.
Non mancano i disegni che sono stati creati dall’artista sino al 2012 circa e gli assemblaggi o collage come ad esempio l’Homo-Humus (in cui si gioca su parole ed etimologia) che è una bambola con testa arborea piantata in un grande vaso.
Con Simona si entra in un mondo incantato, misterioso, quasi magico.
In bilico tra favola e fiaba l’osservatore può cogliere elementi anche apparentemente inspiegabili e talvolta “inqiuetanti”.
Alla domanda esplicita su tale ultimo aspetto, Simona sorride e iniziamo a raccontarci i ricordi di una Cenerentola con sorellastre che fanno il peggio pur di indossare una scarpetta e quelli di un lupo cattivo con i sette capretti che viene punito in modo esemplare. Approdiamo alla conclusione che le storie che si raccontano ai bambini hanno naturalmente anche aspetti cruenti.
Concluderei che “Omnia munda mundis”.
In ogni caso nelle opere di Simona Cozzupoli ci sono i ricordi della nostra infanzia. Simona ha amato la sua fino ad idealizzarla.
I sogni non le mancano neanche oggi che non è più bambina.
Vorrebbe fare l’arredatrice, vivere della sua Arte e viaggiare. Sicuramente essere famosa “in vita” e in “questa vita”. Se vi capiterà di viaggiare tra le sue opere, nel suo sito https://simonacozzupoli.wixsite.com/simonacozzupoli o al Backdoor43 il bar più piccolo del mondo a Milano, ricordate questa frase: “bisogna chiudere gli occhi, altrimenti non vedrete niente”.
Con gli occhi chiusi e con il cuore ben aperto potrete meravigliarvi, stupirvi, conoscere e ritornare un po’ bambini, nella favola della vostra vita.
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